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I    Benvenute, benvenuti nel sito (provvisorio) che intende

 

 

 

 

illustrare il nascente centro di presentazione (mostra permanente) di resti fossili e testimonianze minerali attinenti alla storia

geologica del territorio alessandrino ed in modo particolare della "dorsale" che va dai dintorni di Valle San Bartolomeo (Comune di Alessandria) fino ad alcuni "punti notevoli" interni al Comune di Pecetto.  Si tratta del Geosito di Pecetto alessandrino, citato in molte pubblicazioni e, specificatamente, nel documento regionale di illustrazione dei geositi del Piemonte.

 

(...)

 

Ecco quanto ci dice il dott. Pavia, paleontologo che ha più volte studiato il "sito"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La località Cascina Guarnera, in comune di Pecetto di Valenza, è nota nella letteratura scientifica per l’affioramento di strati diatomitici estremamente ricchi di resti di pesci datati al periodo Messiniano (Piocene superiore). Già segnalato da Sacco (1889-1890), il giacimento fossilifero fu oggetto, in tempi più recenti (Sturani & >Sampo’, 1973) di un’indagine stratigrafico-paleontologica accentrata sul significato paleo ambientale di tale facies diatomitica (tripoli). La varietà e la completezza di conservazione dei reperti ittiolitici indussero il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino ad avviare nel 1981, sotto l’egida della Sovrintendenza Archeologica del Piemonte, la coltivazione dell’ “orizzonte a tripoli” di cascina Guarnera mediante scavi su grandi volumi. Scopo dell’intervento era la costituzione di una raccolta di dati che fornisse più precise informazioni sull’evoluzione paleo ambientale e paleobiologica di questo settore nordoccidentale del territorio italiano.

 

Modalità di intervento

La località fossilifera di Cascina Guarnera è ubicata lungo le pendici occidentali del rilievo collinare Bric Fea, 1 km a SSE di Pecetto di Valenza. L’intervento per il recupero dei reperti ittiologici si svolse nel periodo 5 – 12 ottobre 1981. Al termine del lavoro si provvide a richiudere lo scavo con materiale sterile, allo scopo di ripristinare l’originaria morfologia della superficie agricola interessata dalllo scavo. Preliminarmente venne trasmessa la comunicazione di inizio lavori alle Autorità Comunali di Pecetto e al Comando Carabinieri di Valenza per  gli eventuali controlli del caso.

(…)

Sono stati nel complesso coltvati più di 15 metri cubici di roccia fossilifera, che hanno fornito alcuni frammenti di legno incrostati di piccole ostriche, rare filliti e più di duecento resti scheletrici di Teleostei, alcuni di grandi dimensioni, intorno al metro, spesso completi di impronta e contro impronta.

Oltre a ciò sono stati asportati otto blocchi (60 . 50 . 30 cm) dell’intervallo più fossilifero di sedimento per il recupero dei fossili in laboratorio, dopo “maturazione” della roccia.

Il “tripoli” di Pecetto Al. E le sue faune a pesci

Sulla Carta Geologica d’Italisa (F. 70, Alessandria) l’orizzonte di “tripoli” di Cascina Guarnera è compreso nella parte alta della formazione delle “Marne di Sant’Agata” di età tortoniana. Pioù recenti studi (Sturani & Sampo’, 1973; D’Onofrio et al., 1976) hanno invece attribuito l’orizzonte fossilifero al Messiniano inferiore (zona a Globorotalia eonomiozea, sottozona a Globigerina multiloba). Le caratteristiche litologiche e paleontologiche dell’orizzonte diatomitico sono del tutto corrispondenti a quelle dei livelli a “tripoli” conosciute in diverse parti del bacino del Mediterraneo allo stesso livello stratigrafico (Toscana, Sicilia, Nord Africa).

Gli strati fossiliferi affioranti per uno spessore di due metri, si presentano nello scavo immergenti verso Sud con un’inclinazione di 18’. Essi sono costituiti da diatomiti a laminazione da sottilissima a media, di colore bianco-giallo paglierino. Il sedimento, di facile lavorabilità per l’apertura in lame, è formato da una ridotta massa di fondo argillosa in cui sono contenuti abbondantissimi gusci di foraminiferi, spicole di spugna e frustoli di diatomee. Le diatomiti laminate sono comprese fra livelli pelitici grigio-verdastri di cui non è possibile precisare l’estensione verticale.

  • (minimo 60 cm.) – Siltiti argillose grigio-verdastre omogenee; a 30 cm dal tetto sono presenti allineamenti di noduli calcarei forse legati a cementazione di strutture di bioturbazione. Le siltiti contengono flammule nerastre carboniose, in parte legate a frustioli vegetali. Sono presenti numerosi Pteropodi (Clio, Vaginella), rari Bivalvi, Echinoidi Spatangoidi, filliti (Salix) e abbondanti frustoli vegetali.

  • (circa 90 cm) – Siltiti calcaree poco argillose, laminate, con colorazione dominante marrone. In dettaglio il livello è costituito da m-m  ritmiti di siltite ocracea con lamine “sapropelitiche” marroni oppure con flammule scure allineate. Alle m-m ritmiti alternano straterelli centimetrici di pelite grigio-verdastra omogenea. Alcuni orizzonti costituiti in origine da una fitta alternanza dei due litotipi, presentano una densa bioturbazione ed una generale omogeneizzazione. Il limite inferiore del livello 2 è dato dalla comparsa delle prime laminazioni, mentre il limite superiore  è sfumato; esso è posto arbitrariamente in corrispondenzaad una più evidente lamina rosso-marrone, al di sopra della quale le flammule scure si esauriscono rapidamente. Il livello è scarsamente fossilifero; contiene Bivalvi Nuculidi negli straterelli pelitici e rari resti di  pesce nelle fasce laminate.

  • (195 cm) – Diatomiti lamnate di colore bianco o giallo – paglierino con frequenti straterelli siltoso – arenacei omogenei grigio-verdastri. In dettaglio la colorazione bianca è data dalla concentrazione di frustoli di diatomee  sulla superficie delle lamine per spessori anche superiori ad 1 mm; le lamine diatomiti che hanno un’estensione lenticolare e sfumano lateralmente in peliti laminate poco diatomiti che.

A 75 cm dalla base si riconosce uno straterello , indurito, di pelite calcarea grigio-bruna che costituisce un utile  nel campionamento del livello fossilifero. Gli straterelli siltoso-arenacei corrispondono ad episodi di maggiore apporto detritico; essi presentano talora strutture daed hanno sempre una base netta ed un limite superiore sfumato verso le peliti diatomitiche. Gli straterelli siltoso-arenacei più continui sono indicati in fig. 4 . Tutto il livello è interessato da gallerie verticali di bioturbazione (domichnia)  terebrate a partire dagli straterelli siltoso-arenacei; tali gallerie risultano più frequenti nella parte alta del livello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I fossili, soprattutto Pesci teleostei e comunque sempre organismi nectonici o planctonici, mai bentonici, sono limitati alle peliti diatomiti che; gli straterelli siltoso-arenacei sono sterili. Tra i macrofossili, accanto a rari Crostacei decapodi e a resti di vegetali, si rinvengono pesci ad habitat epi e mesopelagico, tra i quali prevalgono  i rappresentanti della famiglia Myctophidae. Tra le specie riconosciute vi sono le seguenti:

Alosa elongata

Capro saper

Lepidopus proargenteus

Maurolicus gregarious

Merluccius merluccius

Microchirax abropteryx

Mictophum edwardsii

Mictophum microsoma

Sygnathus albyi

Trachurus trachurus

 

I pesci sono spesso fossilizzati in toto con pinne e squame conservate in posizione fisiologica e con elementi scheletrici in connessione.

Altre volte i resti di pesce si rinvengono disorganizzati su una ridotta superficie di strato; in tal caso si devono supporre la decomposizione del corpo prima e durante la caduta sul fondo marino e la conseguente disorganizzazione della carcassa al momento della deposizione, eventualmente favorita da minime correntizi fondo.

Ancora, sono frequenti tronconi di pesce (cranio o coda) dovuti a residui di predazione.

Nel complesso i resti di pesce presenti in tutto lo spessore del livello diatomitico, con possibilità di rinvenimento in ogni lamina, sono concentrati nei 60  cm a cavallo del descritto straterello pelitico-calcareo indurito. Spesso i fossili di Teleostei sono affiancati  da ossame riunito in boli o coproliti. Sono presenti anche frequenti noduli  rosacei fosfatici; sul loro significato permangono molti dubbi, ma potrebbero essere dovuti a concentrazione di fosfati per dissoluzione di ossa di pesce.

.4 (minimo 120 cm) – Siltiti marroni grigio-verdastre omogenee con tracce di stratificazione e denza bioturbazione. Il limite rispetto al sottostante livello 3 è contraddistinto dalla scomparsa delle laminazioni. Non sono stati rinvenuti macrofossili, ma sono comuni i foraminiferi bentonici.

 

Per quanto riguarda l’ambiente di deposizione delle diatomiti laminate, possiamo ricordare che Sturani & Sampo’ (1973) hanno ricondotto la sedimentazione del “tripoli” a fondali marini poco ossigenati di ambiente epibatiale. La perfetta conservazione dei reperti indica infatti la deposizione delle carcasse dei pesci su un fondale anaerobico, privo di organismi necrofagi e di batteri aerobi che, in condizioni normali, divorano e decompongono rapidamente le parti scheletriche meno ossificate dei pesci. D’altra parte la generale assenza di fossili di organismi bentonici è un dato significativo a conferma di un siffatto ambiente deposizionale.

 

 

 

 

 

 

 

Tali condizioni anaerobiche di sedimentazione sono tuttavia limitate ai due metri di “tripoli” a pesci.  I livelli incassanti 1 e 4 contengono invece associazioni faunistiche bentoniche di fondali normalmente ossigenati di probabile pertinenza batiale. Il livello  2 costituisce in tali condizioni la naturale transizione verso la sedimentazione ritmica.

(…)  dott. Giulio PAVIA

 

 

 

 

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